di Andrea Tortoreto
fotografie di Valentina Isernia
La leggenda di Amore e Psiche è la storia d’amore più bella che sia mai stata narrata.
Pische, così bella da suscitare l’invidia di Venere e rapire il cuore del dio Amore, supera molteplici prove affinché il sentimento trionfi. Molte, ma non tutte. Obbligata dalla stessa Venere a discendere negli Inferi, cade in un sonno profondo dopo aver inalato il contenuto di un’ampolla donatale da Proserpina. Sarà Amore, allora, a raggiungerla, risvegliarla e condurla nell’Olimpo dove la splendida Psiche diverrà essa stessa una Dea.
Il mito, nel pensiero antico, svolge un percorso parallelo a quello svolto dall’argomentazione razionale; sono due modi distinti, ma complementari, per avvicinarsi alla verità, per comprendere meglio il mondo e, in definitiva, l’uomo che lo abita. Per questo i miti, lungi dall’essere scomparsi, sono tutt’ora vividi, densi più che mai di valori e di significati. Così come, nelle grandi opere di Platone, accompagnano il procedere logico delle riflessioni più profonde, per provare a gettare una luce laddove l’intelligenza umana pare incontrare i propri limiti, così nel mondo di oggi le narrazioni mitiche dell’arte o della letteratura sono un costante pungolo per il pensiero.
Perché forte come la morte è l’amore, tenace come gli inferi e la passione.
Quando Apuleio, nel II sec., inserì nelle sue Metamorfosi la favola di Amore e Psiche, la chiamò così per distinguerla dai grandi miti cosmologici – quelli che narrano le origini del mondo – ma era ben consapevole di attingere a un patrimonio di concetti densi e articolati.
Al punto che, nel corso dei secoli successivi, il racconto di Apuleio è stato interpretato nei modi più disparati da teologi, letterati e filosofi. Gli autori Cristiani delle origini, recuperando le interpretazioni degli aristotelici, videro in Psiche un’anima pura, un nous incontaminato, sottoposto alle terribili prove degli istinti materiali e della corruzione dello spirito, rappresentati da Amore.
Boccaccio interpreta la vicenda come una simbolica trasposizione del percorso che l’anima razionale deve compiere per giungere alla contemplazione di Dio.
Per il filosofo neoplatonico Marsilio Ficino, vissuto a Firenze nel Quattrocento, Psiche è l’anima intesa come elemento di congiunzione, copula mundi, tra il mondo lunare, ovvero quello divino rappresentato da Giove e Amore, e quello materiale. In questo complesso quadro simbolico, Cupido-Amore simboleggia l’Eros platonico, la tensione verso la bellezza che eleva l’anima all’assoluto. L’estasi dell’amante, in Ficino, è quindi la medesima eccitazione dell’anima che aspira instancabilmente al bello. (Psiche abbandonata,
Se Orfeo non si fosse girato, se Psiche non avesse tentato di conoscere, allora noi non avremmo creduto alla forza del loro amore.
Ben diversa la sempre attuale lettura di Leopardi nello Zibaldone. Nelle vicende di Psiche il poeta vede infatti trasposta la miseria della condizione umana; beata fino a che non si preoccupa del sapere, destinata all’infelicità quando intraprende il tortuoso e tormentato percorso verso la conoscenza.
Osservando il gruppo scultoreo di Canova si vive tutto questo. Le mirabili armonie che ci restituiscono i sensi portano con sé le
memorie di un sapere antico. Ed è questo che colpisce, oltre la perfezione formale, la magistrale resa delle proporzioni, la ricchezza dei dettagli e l’erotica delicatezza di un bacio senza tempo. E nello stupore di chi osserva, vien da pensare proprio al bello di Platone, quel bello
che è anche bene in quanto armonia universale. Quel bello che stupisce e, proprio nell’universalità dello stupore, ci rende coscienti di essere
parti di una storia meravigliosa e dell’Umanità tutta intesa come bene superiore. Quel bello che può davvero salvare il mondo. (Amore e Psiche, Museo del Louvre di Parigi, Canova 1 e 2)
Anche gli artisti recenti non smettono di omaggiare l’eterna favola di Apuleio e ne abbiamo testimonianza proprio in un disegno realizzato da Paolo Barbieri, amato autore di molte illustrazioni fantasy (Amore e Psiche, Paolo Barbieri)